Il remanufacturing riutilizza un prodotto o le sue componenti a vantaggio del produttore, del cliente e del pianeta. Scopri ogni dettaglio.
Il remanufacturing è una strategia produttiva che ha avuto un rapido sviluppo negli ultimi anni, rivelandosi un trend in forte crescita e capace di creare valore.
Se implementato correttamente, questo processo può portare grossi vantaggi economici alle aziende e impattare positivamente l’ambiente grazie al risparmio di risorse e materie prime.
Di cosa si tratta? In quali ambiti può essere adottato con successo?
Vediamo ogni dettaglio in questo articolo.
Cosa si intende con remanufacturing
Il remanufacturing, chiamato anche rigenerazione, è un processo che ha come obiettivo quello di allungare il ciclo di vita di un prodotto, rimettendolo sul mercato anche quando non è di per sé più utilizzabile.
Come?
L’idea di base è molto semplice: il prodotto viene riparato e ripristinato, oppure smontato per salvare e assemblare le singole componenti che si possono riciclare. Le prestazioni del nuovo prodotto così ottenuto devono essere pari o superiori a quelle del prodotto originale, innescando un processo virtuoso che porta valore al vecchio integrandolo con il nuovo in una logica di economia circolare e secondo i processi del PLM – Product Lifecycle Management.
I passaggi attraverso cui si articola il remanufacturing sono numerosi, tra cui:
- Il prodotto viene controllato, testato e analizzato per capire se è recuperabile o irreversibilmente danneggiato.
- I pezzi vengono smontati e si procede sostituendo le parti non recuperabili e rigenerando le componenti riciclabili.
- Il prodotto viene riassemblato e testato con gli stessi criteri di ammissibilità del precedente per poi essere immesso sul mercato.
Si tratta quindi di una strategia produttiva che porta numerosi vantaggi, poiché consente al produttore di ottenere più guadagni rispetto alla fabbricazione ex novo.
Ma non solo: il cliente ha la possibilità di acquistare della merce di valore spendendo di meno e l’ambiente beneficia di un modello produttivo più green e attento alla sostenibilità e alle risorse.
Si consumano infatti meno materie prime e meno energia e al termine del processo diminuiscono sensibilmente i rifiuti da smaltire.

Infine è importante sottolineare che il remanufacturing rappresenta un grosso contributo per l’occupazione, dato che richiede un alto tasso di forza lavoro umana che spesso viene a mancare negli ambienti industriali basati sull’automazione.
Rigenerazione ed economia circolare
Il remanufacturing ricopre un ruolo portante all’interno del sistema di economia circolare, un modello di business che punta a ottimizzare produzione e consumo tramite la condivisione, il riutilizzo, il prestito, la riparazione, il riciclo e il ricondizionamento di materiali e prodotti già esistenti.
Punta quindi a estendere il ciclo di vita dei prodotti, riducendo al minimo i rifiuti e reintroducendo attivamente i materiali nel ciclo economico.
In questo modo si genera ulteriore valore e si ricorre alle risorse già disponibili fin quando è possibile.
I principi dell’economia circolare si contrappongono al tradizionale modello economico lineare, che invece si basa su uno schema che punta a estrarre, produrre, utilizzare e gettare.
Presupponendo la disponibilità di grandi quantità di materiali e di energia facilmente reperibili e a prezzo contenuto.
È chiaro che un sistema economico di vecchio stampo non è oggi più sostenibile ed è prioritario implementare delle strategie che valorizzino il riciclo e il risparmio.
Per questo la rigenerazione è tanto cruciale in un mondo dove la domanda di materie aumenta a pari passo con la scarsità delle risorse, portandoci pericolosamente vicino a un esaurimento delle stesse.
Fasi del remanufacturing
Per meglio comprendere come funziona il processo di remanufacturing, soffermiamoci ora sulle diverse fasi che lo compongono, analizzandone i dettagli e i passaggi chiave.
Le quattro fasi sono:
- Ispezione/classificazione: i prodotti vengono ispezionati per verificarne le condizioni, la qualità e la recuperabilità. Si esegue un’analisi visiva completa e si seguono delle tempistiche pari a quelle previste per i prodotti originali. A ciò si aggiungono delle ispezioni supplementari per valutare lo stato delle componenti e si determina quali pezzi possono essere considerati rigenerabili e quali dei rottami. I prodotti di scarto vengono smaltiti o venduti a chi di dovere mentre i rigenerabili vengono inviati alla fase successiva.
- Smontaggio: i prodotti rigenerabili vengono smontati nelle varie parti e per farlo si impiegano strumenti di tipo generico. È necessario ricorrere ad attrezzature specifiche quando si ha a che fare con prodotti complessi o componenti pericolose. Le tempistiche sono variabili e dipendono da come è strutturato il prodotto, dal design e dall’abilità di chi se ne occupa. I componenti di scarto devono essere sostituiti affidandosi a linee di produzione interne o a fonti esterne.
- Trattamento delle componenti: le parti rigenerabili vengono sottoposte a pulizia, riparazione e finitura, per tornare in condizioni equivalenti o superiori a quelle originali. Le operazioni variano a seconda del prodotto e dello stato in cui si trova.
- Rimontaggio: il prodotto viene riassemblato usando gli strumenti più idonei e adeguati alla complessità della sua struttura. Si può procedere solo quando tutti i componenti necessari hanno completato le fasi precedenti e sono disponibili a tutti gli effetti.
Ambiti di applicazione del remanufacturing
Quali sono gli ambiti in cui il remanufacturing può essere applicato con successo?
Guardando il nostro Paese è corretto affermare che la rigenerazione si sposa perfettamente con le esigenze dell’industria.
In Italia infatti le risorse primarie scarseggiano ma si può contare su un settore secondario molto forte e avanzato in grado di trasformare risorse primarie importate in prodotti finiti destinati spesso all’esportazione.
Un solido punto di partenza che crea valore e apre le porte alle strategie produttive basate sul remanufacturing.
Un esempio su tutti è il difficile periodo che abbiamo vissuto durante la pandemia di Covid-19, in cui si sono interrotte le catene globali di fornitura provocando rallentamenti e blocchi.
In una situazione simile il remanufacturing si sarebbe rivelata la soluzione ideale, rendendo autonomi molti produttori e scongiurando una grave crisi economica.
Inoltre sono numerose le macchine utensili progettate e prodotte in Italia che presentano un’età media variabile e che converrebbe sottoporre a interventi di retrofitting per portare innovazione e migliorarne le potenzialità.
Aumentando così la produttività e riducendo i consumi energetici.
Tra gli altri settori che ben si adattano al remanufacturing spiccano l’aerospace, l’automotive, la difesa, il ferroviario, l’elettronica e l’elettromedicale. Tra gli esempi più noti, ci sono automotive, aeronautica, stampanti e fotocopiatrici, tutti prodotti durevoli e con un ciclo di vita relativamente lungo.
Seguiti dal settore delle attrezzature e delle apparecchiature informatiche b2b.

Il remanufacturing in numeri
Il remanufacturing rappresenta nell’industria un trend mondiale in enorme crescita e che si diffonderà con ancora più decisione nei prossimi anni.
Secondo un’analisi eseguita dallo European Remanufacturing Network il remanufacturing valeva nel 2015 30 miliardi di euro e arriverebbe a 100 miliardi nel 2030.
Una stima tutt’altro che infondata se si considera che già oggi negli Stati Uniti la rigenerazione vale circa 100 miliardi di dollari.
Uno sviluppo che ha portato enormi benefici ambientali ed economici contribuendo a un risparmio del 88% sui materiali, del 56% sul fabbisogno energetico del 53% sull’immissione di Co2.